UN PASSO INDIETRO | Il progetto storico dell’invaso sul Vanoi si colloca nell’idea di poter fruire dei grandi volumi di acqua che transitavano, ma che potevano essere efficacemente sfruttati solo in minima parte, a causa della variabilità del deflusso e dello sfasamento temporale dello stesso con le esigenze umane. In tempi più recenti, l’Autorità di Bacino dell’Alto Adriatico descrisse gli invasi artificiali con la metafora dell’acqua “in cassaforte”.
Le proposte e gli studi proprio nella direzione di creare un nuovo bacino in ambito montano sul torrente Vanoi registrano vari importanti passaggi, dagli anni Sessanta in poi: Commissione Interministeriale De Marchi del 1970; studio di fattibilità finanziato dalla Regione Veneto del 1986; aggiornamento dello studio nell’anno 2020; per arrivare all’attuale finanziamento ministeriale per la redazione di un progetto definitivo a seguito di bando nazionale.
LE FUNZIONALITA’ | La funzionalità dell’opera in studio è molteplice ed è stata considerata in relazione agli obiettivi strategici e particolari richiesti dal territorio.
Emerge, tra essi, il problema, sempre più marcato, relativo agli effetti determinati dai cambiamenti climatici, che si riscontrano sia durante gli eventi alluvionali più intensi (ad es. l’evento del 2010 e l’evento Vaia del 2018) che durante i periodi di maggior siccità e conseguente carenza della risorsa idrica (tra tutti si ricordano gli anni 2003 e 2022, ma anche eventi meno gravi che però si rivelano sempre più frequenti).
Vi è quindi una duplice esigenza di regolare le acque, sia per la laminazione delle piene, sia per dare risposta alle esigenze idriche.
In particolare, il problema connesso alla carenza di risorsa idrica si ripercuote sull’ecologia fluviale e sull’insoddisfazione del fabbisogno irriguo richiesto. Tali aspetti sono strumentalmente rilevati in corrispondenza dell’opera di Presa Colomba, ubicata sul fiume Brenta a Bassano del Grappa, che rappresenta la sezione di controllo per la regolazione del Deflusso Ecologico e del prelievo ad uso irriguo del comprensorio irriguo del Brenta. Rispetto al Deflusso Ecologico, ad oggi declinato a Deflusso Minimo Vitale, viene previsto l’adeguamento ai parametri stabiliti dal Piano di Gestione delle Acque dell’Autorità di Bacino delle Alpi Orientali (PGA 2021-2027) in base alle direttive europee.
Risulta anche preminente la condizione di depauperamento generale degli acquiferi alimentati dal deflusso del sistema Brenta, che accresce irreversibilmente da svariati decenni e risulta imputabile alle azioni antropiche, oltreché agli effetti indotti dai cambiamenti climatici. Gli effetti sono rilevati dai dati piezometrici registrati e dall’estinzione delle risorgive storicamente utilizzate a scopo irriguo.
Da rilevare inoltre che il sistema di alimentazione degli acquedotti del Veneto centrale è principalmente alimentato oggi dal campo pozzi di Carmignano di Brenta (PD) in località Camazzole: le portate attinte risultano spesso limitate dall’impoverimento progressivo dell’acquifero e non soddisfano appieno i fabbisogni idropotabili richiesti; inoltre, manca un sistema alternativo per eventuali emergenze (ad esempio in caso di inquinamento, come già avvenuto nella non lontana area vicentina interessata dai PFAS).
In tal senso, la modulazione della portata in Brenta esercitata dall’opera in progetto e i rilasci programmati nella stagione estiva contribuiranno ad un generale miglioramento delle condizioni di falda e a favorire, nella stagione estiva, le attività di prelievo ad uso idropotabile.
D’altro canto, il sistema del Brenta è tuttora ad elevato rischio idraulico per vasti ed urbanizzati territori, e in questo senso disporre di una capacità di laminare le piene diviene strategico, ancor più se le acque, trattenute evitando danni, vengono poi tesaurizzate e messe a disposizione per i momenti di necessità.